Poco sonno profondo fa invecchiare il cervello

Le persone che soffrono di apnea notturna e trascorrono meno tempo nel sonno profondo potrebbero essere a maggior rischio di ictus, Alzheimer e declino cognitivo, inoltre il loro cervello appare più vecchio di 2-3 anni. Infatti questi individui presentano con maggiori probabilità biomarcatori cerebrali collegati alle suddette malattie e a un’età di 2-3 anni più avanzata, secondo una nuova ricerca pubblicata sulla rivista Neurology.

Lo studio ha esaminato i fattori del sonno e i biomarcatori della salute del cervello. I biomarcatori misurano il grado di conservazione delle fibre nervose (materia bianca), importanti per collegare le diverse parti del cervello. Uno di essi sono piccole lesioni visibili alle scansioni cerebrali (definite iperintensità della materia bianca). Le iperintensità della materia bianca diventano più comuni con l’età o con l’ipertensione arteriosa non controllata. L’altro biomarcatore misura l’integrità degli assoni, ovvero le terminazioni dei neuroni che formano le fibre nervose che collegano tra loro le cellule del cervello.

Lo studio ha coinvolto 140 persone con apnea ostruttiva del sonno (età media di 73 anni), sottoposte a una scansione cerebrale e a un esame del sonno in un laboratorio ad hoc. I partecipanti non avevano problemi cognitivi all’inizio dello studio e non avevano sviluppato demenza alla fine dello stesso. Il 34% aveva un’apnea notturna lieve, il 32% moderata e il 34% grave. Lo studio del sonno ha esaminato quanto tempo le persone trascorrevano nel sonno profondo, considerato uno dei migliori indicatori della qualità del sonno.

I ricercatori hanno riscontrato che per ogni diminuzione di 10 punti della percentuale di sonno a onde lente, si verificava un aumento della quantità di iperintensità della materia bianca simile all’effetto di 2,3 anni in più sulle spalle. La stessa diminuzione era anche associata a una riduzione dell’integrità assonale, simile all’effetto di tre anni anni in più. Le persone con apnea notturna grave avevano un volume maggiore delle lesioni della materia bianca e degli assoni. “Questi biomarcatori sono segnali sensibili di malattie cerebrovascolari precoci”, dichiara l’autore dello studio Diego Carvalho della Mayo Clinic di Rochester, in Minnesota. In futuro si dovrà verificare se le strategie per migliorare la qualità del sonno o il trattamento dell’apnea notturna possano ridurre l’accumulo di questi danni cerebrali.

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